DSA….quante volte avete utilizzato o avete sentito citare questo acronimo? Conoscete il suo significato?

La parola disturbi può lasciar pensare ad una malattia, in realtà il soggetto a cui è stata fatta certificazione e diagnosi di DSA non lo è affatto!

Ma procediamo per gradi… Cosa sono i DSA?

Per dare una definizione dei DSA cominciamo col dire che l’acronimo si riferisce ai Disturbi Specifici dell’ApprendimentoI DSA si manifestano nel corso dei primi due o tre anni della scuola primaria, quando il bambino si cimenta con i primi compiti, in particolare con l’apprendimento della lettura, della scrittura e delle competenze matematiche. Vengono definiti “disturbi” perché non dipendono da scarso studio o esercizio ma piuttosto dall’impossibilità nel consolidamento di alcuni apprendimenti. Se, ad esempio, un bambino non riesce a memorizzare le tabelline, non è esercitandosi di più che riuscirà in questo intento. I DSA infatti si caratterizzano per una difficoltà cronica nell’automatizzare alcune abilità, dunque lo stesso bambino che non riesce a imparare le tabelline, anche da adulto avrà bisogno di pensare a lungo per ricordare un risultato della tavola pitagorica. Ciò non significa che non si possa migliorare in alcuni apprendimenti e riuscire a sviluppare abilità scolastiche, accademiche o professionali di un certo livello. Allo stesso tempo, però, alcune caratteristiche dei DSA possono rimanere inalterate nel corso di tutta la vita.

DSA vengono definiti “specifici” perché non compromettono il funzionamento generale del bambino, ma esclusivamente l’apprendimento della lettura, della scrittura e delle competenze matematiche. Ecco perché le persone con DSA hanno un’intelligenza nella norma e a volte anche particolarmente brillante, pur continuando, ad esempio, a scrivere “ragnio” piuttosto che “ragno”.

I DSA comprendono: 
  • DISLESSIA: difficoltà specifica dell’apprendimento caratterizzata da fatica nella decodifica del segno grafico; la lettura dunque risulta lenta e scorretta. Conseguenze secondarie possono includere problemi nella comprensione della lettura e una ridotta crescita del vocabolario e della conoscenza generale.
  • DISORTOGRAFIA:  disturbo specifico che concerne la scorretta transcodifica del “suono” della parola nella stringa scritta. Può derivare da una difficoltà di linguaggio, da scarse capacità di percezione visiva e uditiva, da un’organizzazione spazio-temporale non ancora matura o da un processo lento nella simbolizzazione grafica.
  • DISGRAFIA: difficoltà nella produzione del tratto grafico. Può derivare da fattori di tipo diverso, riconducibili allo sviluppo neuro-psico-motorio del bambino.
  • DISCALCULIA: prevede difficoltà di orientamento spaziale e di organizzazione sequenziale che si evidenziano sia nella lettura, che nella scrittura dei numeri (ad esempio mettere in colonna le operazioni, fare i calcoli a mente, scrivere i numeri oltre il migliaio…); inoltre possono essere presenti difficoltà nella memorizzazione delle tabelline o nella comprensione del procedimento di esecuzione dei problemi.
Quali sono i fattori di rischio?

Numerosi fattori di rischio sono stati indagati per la loro potenziale associazione con lo sviluppo di DSA.

Tra questi ricordiamo:

  • La familiarità, quale presenza nel nucleo familiare di un genitore affetto da DSA (che rappresenterebbe un aumentato rischio disviluppo di dislessia)
  • L’essere stati sottoposti a due o più anestesie generali successive al parto, prima del quarto anno di vita (rischio aumentato di DSA)
  • La presenza di disturbo del linguaggio, ovvero bambini che all’età di 5 anni cadono sotto il 10° centile in più di una prova di sviluppo del linguaggio e che mantengono questo livello di prestazione a 8 anni (rischio aumentato di sviluppo di dislessia)
  • L’essere di sesso maschile (rischio aumentato di sviluppo di dislessia)
  • La storia genitoriale di alcolismo o di disturbo da uso di sostanze, soprattutto in preadolescenti maschi tra i 10 e i 12 anni (rischio aumentato di DSA)
  • L’esposizione prenatale alla cocaina (rischio aumentato di DSA).
Quando è possibile fare la diagnosi? 

La diagnosi può essere effettuata a partire dalla fine della classe 2^ della scuola primaria di primo grado per lettura e scrittura e dalla fine della classe 3^ per la valutazione della matematica.
Tuttavia è consigliato effettuare uno screening precoce per valutare la presenza o assenza di campanelli di allarme, di modo che possano essere avviati percorsi di potenziamento prima dell’ingresso alla scuola primaria o durante i primi anni della scuola primaria.
I punteggi delle prove standardizzate devono essere significativamente inferiori alla media (almeno di -2 deviazioni standard) rispetto alla classe frequentata.

Cosa fare se mio figlio è un DSA?

Se abbiamo dei dubbi e non è ancora stata fatta diagnosi è opportuno rivolgersi agli specialisti per approfondire e avviare il percorso diagnostico.

Nel caso di diagnosi già avvenuta, è possibile attuare specifici trattamenti come ad esempio un trattamento riabilitativo con il logopedista, che ha il fine di dare strategie, promuovere, migliorare e favorire la generalizzazione delle competenze del bambino. Inoltre a livello scolastico è necessario predisporre un Piano Didattico Personalizzato (PDP) con gli obiettivi di compensare le difficoltà emerse (ad esempio dando più tempo per lo svolgimento delle attività o preferire verifiche orali alle scritte) o di dispensare l’alunno da determinate attività, oltre che di predisporre gli aiuti scolastici previsti dalla legge 170/10 (ad esempio, possibilità di usare programmi di videoscrittura al computer, o di ascoltare i testi invece di leggerli).

Non dimentichiamo l’importanza della famiglia in caso di bambini con DSA: la famiglia costituisce il più importante riferimento (e il primo) con cui la scuola e i professionisti sanitari e devono instaurare un rapporto di collaborazione reciproca.

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